MACHNO

brani scelti da

Gli Anarchici nella rivoluzione russa

Paul Avrich


Nestor Machno

I leader della Nabat guardavano, come possibile nucleo di un simile esercito, al gruppo di guerriglieri guidati da Nestor Machno, che i suoi seguaci consideravano un nuovo Stenka Razin o Pugachev inviato a tramutare in realtà il loro antico sogno di terre e libertà. Viaggiando a cavallo su carri leggeri usati nelle campagne (tachanki), sui quali montavano le mitragliatrici, Machno e i suoi uomini si spostavano rapidamente da un capo all'altro della steppa, tra il Dnepr e il Mar d'Azov, trasformandosi lungo il cammino in un piccolo esercito e seminando il terrore tra le file avversarie. Bande di guerriglieri accettavano il comando di Machno e si radunavano sotto la sua bandiera nera. Gli abitanti dei villaggi li rifornivano di buon grado di cibo e cavalli freschi, dando modo così, ai machnovisti di percorrere grandi distanze senza difficoltà. Comparivano all'improvviso, dove meno li si aspettava, assalivano i possidenti e le guarnigioni militari, poi sparivano rapidamente come erano venuti. Indossando uniformi rubate, si infiltravano nei ranghi nemici per capirne i piani o sparare loro a bruciapelo. Quando si trovavano con le spalle al muro, i machnovisti sotterravano le armi, tornavano ciascuno al proprio villaggio e riprendevano il lavoro nei campi, in attesa del prossimo segnale per dissotterrare un nuovo arsenale e sbucare fuori nel luogo più impensato. I ribelli di Machno, secondo Victor Serge, rivelarono "una capacità di organizzarsi e combattere veramente epica" (1). Tuttavia, una gran parte del loro successo era dovuto alle eccezionali doti del loro capo. Machno era un comandante coraggioso e pieno di risorse, che univa una volontà di ferro a un pronto senso dell'humour e di conquistò l'amore e la devozione dei contadini suoi seguaci. Nel settembre 1918, quando nel villaggio di Dibrivski sconfisse le forze austriache, assai più numerose, i suoi uomini lo onorarono con l'affettuoso soprannome di batko, il loro "piccolo padre" (2).

Per un certo periodo, i rapporti tra Machno e i bolscevichi rimasero ragionevolmente amichevoli e la stampa sovietica lo esaltò come un "coraggioso partigiano" e un grande leader rivoluzionario. Il periodo migliore fu nel marzo del 1919, quando Machno e i comunisti conclusero un patto per intraprendere un'azione militare coordinata contro l'armata bianca del generale Denikin. Tuttavia, questi atteggiamenti di buona armonia non potevano nascondere la fondamentale ostilità tra i due gruppi. Ai comunisti non andavano a genio né il carattere indipendente dell'esercito degli insorti di Machno, né il forte potere di attrazione che questo esercitava sui loro seguaci nelle campagne, i machnovisti, dal canto loro temevano che, presto o tardi, l'armata rossa avrebbe tentato di ricondurre all'ovile il movimento. Col crescere degli attriti i giornali sovietici cessarono di elogiare i machnovisti e cominciarono ad accusarli di essere Kulaks e "banditi anarchici". In maggio, due agenti della Ceka, inviati ad assassinare Machno, vennero catturati e giustiziati. Il mese seguente Trotskij, comandante in capo delle forze bolsceviche, dichiarò Machno fuorilegge e le truppe comuniste effettuarono un'incursione-lampo contro il suo quartier generale a Guljai-Polje.

Quell'estate, tuttavia, l'incerta alleanza venne ristabilita, quando la massiccia offensiva di Denikin contro Mosca fece vacillare sia le forze comuniste che quelle machnoviste. Il 26 settembre 1919, Machno sferrò improvvisamente, con buon esito, un contrattacco al villaggio di Peregonovka, nei pressi della città di Uman, tagliando i rifornimenti al generale dei bianchi e creando disordine e panico nelle sue retrovie. Fu questa la prima grave disfatta subita da Denikin nel corso della sua drammatica avanzata nel cuore della Russia e una delle cause principali che bloccarono la sua offensiva contro la capitale bolscevica. Verso la fine di quell'anno, una controffensiva dell'armata rossa costrinse Denikin a battere velocemente in ritirata fin sulle rive del Mar Nero.

Il machnovismo raggiunse l'apice della sua gloria nei mesi che seguirono la vittoria di Peregonovka. Nei mesi di ottobre e novembre Machno occupò Ekaterinoslav e Aleksandrovsk per diverse settimane, ed ebbe per la prima volta la possibilità di applicare i concetti dell'anarchia alla vita cittadina, cosa che già aveva fatto nelle campagne con la fondazione delle comuni libertarie (documenti 41, 42). Machno mirava alla distruzione di ogni forma di dominio e all'incoraggiamento dell'autodeterminazione in campo economico e sociale. Ad esempio, quando gli operai delle ferrovie di Aleksandrovsk protestarono perché da diverse settimane non venivano pagati, li consigliò di assumere il controllo delle linee ferroviarie ed imporre ai passeggeri e ai carri merci la tariffa che sembrava loro compensare equamente il loro servizio. Tuttavia progetti utopistici di questo tipo non ebbero successo, se non tra minoranze esigue di lavoratori, poiché, a differenza dei contadini e degli artigiani dei villaggi, produttori indipendenti, abituati a gestire i propri affari, gli operai delle fabbriche e i minatori operavano come parti interdipendenti di un complesso meccanismo industriale ed erano persi senza la guida dei sovraintendenti e dei tecnici specializzati. Inoltre, i contadini e gli artigiani potevano barattare i prodotti del loro lavoro, mentre la sopravvivenza degli operai delle città dipendeva da un salario regolare. D'altra parte, Machno creò ancora maggior confusione riconoscendo a tutta la carta moneta emessa dai suoi predecessori - nazionalisti ucraini, bianchi e bolscevichi - uguale validità. Non comprese mai la complessa natura dell'economia urbana, né si curò di farlo. Detestava il "veleno" delle città e amava sopra ogni cosa la naturale semplicità dell'ambiente contadino nel quale era nato (documenti 43, 44, 45). Comunque, Machno trovò ben poco tempo da dedicare allo sviluppo dei suoi incerti programmi economici. Era sempre in movimento, non si concedeva un attimo di respiro. Secondo le parole di uno dei compagni del batko, il machnovismo era una "repubblica in tachanki ... Come sempre, il carattere instabile della situazione non consentiva un preciso impegno di lavoro"(3).

Alla fine del 1919, Machno ricevette istruzioni dal comando dell'armata rossa di trasferire il suo esercito sul fronte polacco. L'ordine mirava evidentemente ad allontanare i machnovisti dal loro territorio, onde consentirvi l'instaurazione del governo bolscevico. Machno rifiutò di muoversi. La risposta di Trotskij fu ferma e decisa: dichiarò fuorilegge i machnovisti e inviò contro di loro le sue truppe. Seguirono otto mesi di duri scontri, con forti perdite da ambo le parti. Una grave epidemia di tifo aumentò il numero delle vittime. Ridotti in minoranza, i partigiani di Machno evitarono le battaglie campali, ripiegando sulle tattiche di guerriglia che avevano perfezionato in oltre due anni di guerra civile.

Le ostilità vennero interrotte nell'ottobre del 1920, quando il barone Wrangel, successore di Denikin sul fronte meridionale, sferrò dalla penisola di Crimea una grande offensiva verso nord.

Ancora una volta, l'armata rossa si valse dell'aiuto di Machno, in cambio del quale i comunisti promisero l'amnistia per tutti gli anarchici detenuti nelle carceri russe e garantirono loro la libertà di propaganda, a condizione che si astenessero dal predicare il rovesciamento violento del governo sovietico. Dopo neppure un mese, però, l'armata rossa aveva ottenuto sufficienti conquiste da assicurarsi la vittoria nella guerra civile e i dirigenti dei soviet annullarono gli accordi con Machno. Non solo i machnovisti avevano esaurito la propria funzione di alleati militari, ma finché il batko fosse rimasto libero, lo spirito dell'anarchismo primitivo e il pericolo di una jacquerie contadina avrebbe continuato a minacciare l'instabile regime bolscevico. Così, il 25 novembre 1920 i comandanti di Machno in Crimea, reduci dalla vittoria riportata contro l'esercito di Wrangel, vennero catturati dall'armata rosa e immediatamente fucilati. Il giorno seguente, Trotskij ordinò di attaccare il quartier generale di Machno a Guljai-Polje,mentre la Ceka arrestava contemporaneamente a Kharkov i membri della confederazione Nabat ed effettuava incursioni nei clubs anarchici e nelle organizzazioni in tutto il paese. Durante l'attacco a Guljai-Polje, gran parte dei collaboratori di Machno vennero catturati ed imprigionati, o semplicemente uccisi sul posto. Tuttavia il batko, con i superstiti malconci di un esercito che un tempo contava decine di migliaia di uomini, riuscì a sfuggire ai suoi persecutori. Dopo aver vagato per tutto l'anno per l'Ucraina, il leader partigiano esausto ed ancora sofferente per le ferite, attraversò il fiume Dnestr, passando in Romania e finalmente riparò a Parigi.

Note:

1. Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario 1901-1904, La Nuova Italia, Firenze 1974.
2. Pëtr Aršinov, La rivoluzione anarchica in Ucraina. Storia del movimento machnovista (1917-21), Sapere Edizioni, Milano 1972.
3. Volin, La rivoluzione sconosciuta, Edizioni Franchini, Carrara 1976.

Parte settima

MACHNO

Per fungere da nucleo dell'"esercito partigiano" menzionato nel brano precedente, la confederazione anarchica Nabat guardava alla banda di guerriglieri operante in Ucraina sotto il comando di Nestor Machno. Machno era nato nel 1889 da una povera famiglia di contadini nel grande villaggio ucraino di Guljai-Polje. Nel 1906, all'età di diciassette anni, entrò a far parte di un gruppo di anarchici del luogo, ma venne arrestato e imprigionato a Mosca per aver preso parte a un attentato terrorista con lo scopo di uccidere un funzionario della polizia distrettuale. In prigione conobbe Pëtr Aršinov, un giovane anarchico che gli insegnò gli elementi fondamentali della dottrina libertaria e rinvigorì la sua ammirazione per Bakunin e Kropotkin.

Rilasciato di prigione dopo la rivoluzione di febbraio, Machno fece ritorno nel suo villaggio natale, dove assunse un ruolo preminente nella gestione degli affari della comunità. Nell'agosto del 1917 reclutò una banda di contadini armati che si batterono con la nobiltà locale, contro i nazionalisti ucraini e le truppe austriache che avevano occupato il territorio dopo il trattato di Brest-Litovsk. Anche i machnovisti iniziarono ad espropriare le tenute nobiliari dei dintorni e a distribuire la terra ai contadini poveri. Vennero organizzate delle comuni anarchiche sotto la tutela di Machno, ognuna con circa una dozzina di famiglie, per un totale che andava da cento a trecento membri. Benché pochi di questi ultimi si considerassero anarchici, essi condussero le comuni sulla base di una piena uguaglianza e accettarono come il loro caratteristica fondamentale il principio kropotkiniano dell'aiuto reciproco. I congressi regionali degli operai e dei contadini assegnavano a ciascuna comune gli attrezzi e il bestiame espropriati alla nobiltà e tanta terra quanta i contadini ne potevano coltivare senza ingaggiare manodopera supplementare.

Il brano che segue è un breve, ma eloquente manifesto di Machno indirizzato ai contadini ucraini, cui segue la descrizione della comune agricola nella cui organizzazione egli aveva avuto un ruolo preminente.


41.

Manifesto

Vittoria o morte. Ecco il compito dei contadini dell'Ucraina nell'attuale momento storico. Ma noi non moriremo. Siamo in troppi. Noi siamo l'umanità. Perciò, dobbiamo vincere - non per seguire l'esempio degli anni passati e affidare il nostro destino a qualche nuovo padrone, ma per prenderlo nelle nostre stesse mani e vivere secondo la nostra volontà e la nostra verità.

P.A. Aršinov, Istoria makhnovskogo dvizheniia (1918-1921) Berlino 1923, p.56 (trad.it. La rivoluzione anarchica in Ucraina. Storia del movimento machnovista, Sapere Edizioni, Milano 1972).


42.

Le comuni agricole

Nestor Machno


All'inizio di questo volume abbiamo già fornito un resoconto delle imprese militari, degli esperimenti sociali e dei rapporti di Machno con i rossi e i bianchi. Basti aggiungere che il suo movimento rappresentò una delle poche occasioni in cui gli anarchici controllarono un vasto territorio per un periodo di tempo abbastanza lungo. Il suo obiettivo finale era, secondo Emma Goldman, quello di fondare, in una parte dell'Ucraina, una società libertaria. E' abbastanza interessante osservare che Lenin e Trotskij, secondo la testimonianza di quest'ultimo, si erano baloccati con l'idea di assegnare a Machno un pezzo di territorio affinché potesse realizzarvi il suo progetto, ma la cosa andò in fumo quando si verificarono nuovi scontri nel sud tra i guerriglieri anarchici e le forze bolsceviche. Alla fine, l'esercito dei rivoltosi venne disperso; Machno attraversò il confine, passando in Romania, da dove si diresse a Parigi. Qui lavorò in una fabbrica, ormai tisico, disperato e sbandato, per il quale l'alcool rappresentava l'unico mezzo per evadere da quel mondo ostile in cui era stato gettato. Morì di tubercolosi nel 1934. Nel 1919 e 1920, la sezione culturale-educativa di Machno, della quale fecero parte illustri personaggi, come Volin, Pëtr Aršinov e Aaron Baron, pubblicò tutta una serie di opuscoli e proclami in cui si delineavano gli obiettivi che il movimento si prefiggeva e si pregava l'Armata rossa di non interferire. Tre di questi documenti, conservati nell'Istituto internazionale di storia sociale di Amsterdam, sono stati tradotti e compresi in questa antologia.*

43.

A tutti i contadini e gli operai dell'Ucraina

Consiglio Militare Rivoluzionario e Stato Maggiore dell'Esercito Rivoluzionario degli Insorti Ucraini (Makhnovisti)

44.

Chi sono i machnovisti e per che cosa si battono?

Sezione Culturale-educativa dell'Esercito degli Insorti (Machnovisti)

45.

Fermati! Leggi! Rifletti!

Gli Insorti Machnovisti

 

*

43. A tutti i contadini e gli operai dell'Ucraina

44. Chi sono i Machnovisti e per che cosa si battono? 
45. Fermati! Leggi! Rifletti!

Source: Paul Avrich, Gli anarchici nella rivoluzione russa, Milano 1976. Titolo originale: The Anarchists in the Russian Revolution..

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